La grande scalata
Siamo abituati a considerare una persona realizzata e "di successo" sulla base della posizione gerarchica e manageriale che ricopre in azienda.
Più sei in alto, più hai fatto bene il tuo lavoro, più te lo sei meritato.
Siamo indotti, anche solo involontariamente, a paragonare, giudicare e sentenziare giustificando questo comportamento mistificando la parola meritocrazia. Pensando fermamente che debba esistere un mondo giusto e equo.
Il mondo, specialmente quello lavorativo, non segue però queste regole/principi.
Cresciamo carichi di responsabilità e bombardati quotidianamente da aspettative altrui (in primis genitoriali) che si rifanno a modelli e ruoli sociali ben definiti alimentati dai social media. Un inferno.
E mi chiedo, ma chi è che ha stabilito che una persona al vertice di un gruppo aziendale sia "di successo" e più realizzata rispetto ad un'altra? E come si fa a sopravvivere senza cadere nel tranello mentale?
In questi giorni ero in Algeria a valutare delle prove di pomodoro indeterminato beef e ho provato l'emozione di toccare con mano il frutto del lavoro del gruppo di breeding di questi ultimi anni. Frutti nati da un lavoro costante di rinnovamento delle linee parentali ottenuto come conseguenza dell' ampliamento delle stazioni di miglioramento genetico in Spagna. Abbiamo inoltre consolidato le scelte effettuate in trial precedenti ma soprattutto modificato e implementato in tempo reale le attività di impollinazione nonostante si trovino a oltre 1000 km di distanza in Italia grazie ad un team di breeding finalmente flessibile e super reattivo. Ho conosciuto e condiviso momenti con nuove figure professionali e rafforzato il rapporto di mutuo supporto con altri dipartimenti (apparentemente così distanti) come quello di vendita.
Vi assicuro che tutto questo vale molto di più di qualsiasi posizione, aumento e benefit.
Ho provato sensazioni uniche e grande valore. E mi rendo sempre più conto di quanto sia soddisfatta nel percorso intrapreso diversi anni fa fino a ora.
Con questo per carità... non voglio mica dire che non ci siano margini di miglioramento e che non ci siano più motivi di arrabbiature... anzi! Anzi, anzi, anzi!
Ma questa sera non mi interessa. L'ho scelto. Si può ancora scegliere come reagire.
Questa sera non mi importa di come "sarebbe stato se" di "come sarebbe dovuto andare" di "cosa pensano gli altri" e/o "cosa avrebbe fatto x" in un mondo ideale.
In questo mondo imperfetto torno dalla trasferta algerina felice e chissà se forse si può considerare "di successo" e realizzata una persona che oltre a fare ciò che ama, ama ciò che fa anche senza la targhetta CEO in ufficio.
Dicono faccia bene tenere un diario di gratitudine, da un po' di tempo lo faccio... e forse è l'unico modo per sopravvivere.
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